Buongiorno a tutti,
oggi vi vorrei parlare di un evento molto interessante che
si è svolto nella mia città, Vercelli, in occasione della festa della donna.
Sto parlando di “Essenze di donna”, un evento organizzato dal Museo Leone,
presso il Palazzo Langosco.
Il museo ci ha proposto un vero e proprio percorso alla
scoperta dei segreti e delle bellezze dei fiori nel corso del tempo. Il Palazzo, maestoso e accogliente è stato
affiancato in quella serata ai fiori, eleganti ma delicati, e alla figura della
donna, dolce e raffinata.
Questa speciale visita a tappe ci ha mostrato il linguaggio
dei fiori raffigurati su dipinti, antichi libri, e altri oggetti di arte
decorativa.
Nella prima sala si è parlato della nascita della
Floregrafia, mostrando testi molto antichi. Già nel 1518 fu
scritto uno dei primi Erbari e nel 1648 invece troviamo il testo dell’orientalista
Giovanni Battista Ferrari. Al ‘700 invece risale un testo redatto dalla sposa
di un ambasciatore orientale: Exelan, con cui intende attribuire a fiori e
frutti significati simbolici. Infine possiamo leggere qualche passo di un testo
molto caratteristico che dedica il linguaggio dei fiori al bel sesso, ma di cui
non si hanno molte informazioni al riguardo. Quest’ultimo è un testo redatto in
lingua italiana che viene consultato come una sorta di dizionario fiore-italiano,
date le innumerevoli informazioni che contiene.
Sempre in questa sala ritroviamo anche un baule intarsiato
decorato con numerosi gigli (immagine a destra) . Questi sono solitamente segno
tipico dell’araldica medievale francese; secondo il “dizionario fiori-italiano”,
il giglio viene ritenuto un simbolo di maestà. Viene definito come il re dei
fiori. Era usato anche nelle culture galliche per indicare la regalità, veniva spesso
rappresentato nei dipinti in cui era solitamente accompagnato a figure
angeliche. Dopo il Medioevo però il giglio viene sostituito dalla rosa, ma
S.Bernardo che era legato alla simbologia e alla figura del giglio, decide di
ridargli valore inserendolo nell’araldica del regno, nella trilogia francese di
valori e virtù. Tre erano le virtù che proteggevano la Francia ai tempi, così
come tre sono le foglie del giglio. Inoltre, poiché questo fiore dava un senso di legame
al mondo religioso, solo il Re di Francia poteva averlo rappresentato, in particolare
sul mantello regale.
Lasciamo la storicità del giglio e ci addentriamo nella
seconda sala, nella quale ci accoglie un
quadro, olio su tela, rappresentante la Madonna col bambino circondata da un
bouquet di fiori. Secondo i Vangeli apocrifi S.Luca, protettore degli artisti,
fu il primo a dipingere dal vivo il quadro Madonna con bambino. Ad Anversa, in
Francia, si instaurò una ricorrenza in occasione del giorno di S.Luca. Per quella festività i pittori preparavano
le opere raffiguranti la Madonna col bambino, è proprio a quella ricorrenza che
risale questo dipinto. Nel tempo poi la figura sacra verrà sostituita da quella
profana nelle associazioni ai fiori.

In questo quadro in particolare ci viene fatta notare la
presenza del fiore di melo (a sinistra), perché Maria viene vista come
la nuova Eva e quindi la si riconduce al peccato originale. Possiamo notare anche la
presenza delle rose (a destra). Queste vengono rappresentate
senza spine perché secondo S.Ambrogio, patrono di Milano, le rose sono nate
senza spine, che si sono formate solo
dopo il peccato originale. Per questo motivo solo nelle rappresentazioni della Madonna addolorata troviamo
la presenza delle spine nelle rose.
Tornando all’analisi del quadro, ritroviamo altri
fiori: girasoli, crisantemi rossi,
ortensie bianche, biancospini, garofani e peonie. Proprio grazie alla presenza
delle peonie (a sinistra) si riesce a datare indicativamente il quadro. Le peonie vengono
trovate in Brasile dagli Olandesi nel 1669, in particolare vicino al Rio delle
Amazzoni. Prima di allora questo fiore
non era noto, si pensa infatti che questo quadro sia risalente a quel
periodo.
Lasciamo l'olio su tela per trovare nella sala successiva un
mobile giapponese altrettanto ricco di simbolismi. Si tratta di un mobile
di KIRI, che in giapponese indica la paulonia (in basso), ricco di
incisioni decorative e funzionali di fiori.
Il nome Paulonia deriva dalla figlia di uno Zar
russo, per questo viene anche definita “Princess tree”. Questa pianta era
inizialmente presente solo in Giappone, ma durante i primi anni di commercio
della ceramica si utilizzava il suo legno per fare gli imballaggi, in quanto
resistente, e da allora viene coltivata anche negli Stati Uniti. In Giappone
questa pianta viene considerata sacra, infatti secondo una leggenda la famiglia
pianta in giardino la peonia per far sì che quando la figlia si sposa, si usa
il suo legno per creare il nido d’amore degli sposi. Una sorta di dote a tutti
gli effetti.
Ma concentriamoci sulle incisioni presenti sul mobile,
possiamo trovare un ciliegio (a sinistra). Questa pianta indica, secondo il dizionario
fiore-italiano, un comportamento altamente educato. In Giappone però il
ciliegio è simbolo di affetto, ma anche della caducità della vita, proprio perché
i suoi fiori durano davvero poco. Secondo la tradizione giapponese, infatti, il
fiore del ciliegio viene associato ai samurai e, alla loro morte, hanno l'onore di esser sepolti ai piedi dell’albero.
Lasciamo questo mobiletto intarsiato per addentrarci nell’ultima
sala in cui ci accoglie una tulipaniera. Si tratta di un vaso
creato apposta per contenere i tulipani, simbolo dell’eterno amore. Veniva
utilizzata per tenere questi fiori in modo elegante. Il tulipano veniva considerato come amuleto, tanto da esser ricamato sulla biancheria dei turchi
ottomani in battaglia. Quando Istanbul divenne capitale, il tulipano divenne il
fiore turco per eccellenza e fu usato per addobbare il palazzo reale.
Un giorno fu
visto dall’ambasciatore austriaco, che lo nominò “Dulben” perché gli
ricordava la forma di un turbante. Da qui in Olanda prese il nome di “Dulpan” e
poi in latino “Tulipan”. Fu poi nominato tulipano dal naturalista botanico
Vonkester.
Nel corso degli anni ci fu una coltivazione crescente di
tulipani, a partire soprattutto dall’Olanda. Si cercava di possedere il maggior
numero di fiori e il maggior numero di qualità. Iniziò un vero e proprio
commercio di tulipani, dei bulbi e delle diverse varietà. Vennero stilati Libri
dei tulipani, per riportare tutte le tipologie esistenti e per poterli
utilizzare come cataloghi di vendita. Si parlò di “Tulipania” cioè la febbre
dei tulipani. Si cercava in tutti i modi di avere il tulipano nero (in basso), con una
ricerca quasi maniacale. Al giorno d’oggi si sa che in realtà non esiste il
tulipano nero e che al massimo può essere una più scura tonalità di viola.
Furono definite fino a 34 tipologie di tulipano, finchè non
ci fu un virus, detto il “mal della striscia” che colpì questo fiore riducendo
i quantitativi disponibili. Il crollo dei prezzi di mercato fu talmente grave
da esser quasi paragonato al crollo della borsa di Wall Street. Numerosi furono
i suicidi associati a questo crollo “floreale”. Gli Olandesi furono definiti a causa di quel
periodo storico “cuppist”, cioè giullari, perché avevano dato un valore
altissimo a questo fiore per poi perdere tutto nel giro di poco tempo. Ad oggi,
restano comunque gli Olandesi i migliori coltivatori di tulipani.
Finiamo la visita con un pensierino lasciatoci dal Museo
Leone: un depliant con riportate le prime pagine del dizionario fiori-italiano
per ricordarci quella piacevole serata!
Spero di avervi interessato e di esser riuscita a farvi
immaginare libri, quadri, mobili e vasi anche solo parlandone..se così non
fosse spero almeno di avervi interessato un po’ con queste anomale curiosità
floreali!
Grazie per avermi seguita,
a presto,
Jessica Manfrinato






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